3 dicembre 2017

Stylus Phantasticus

Libere sperimentazioni, invenzioni, diminuzioni, discanti, melismi jazz tra polifonia e contrappunti improvvisati

un progetto a cura di Silvia Perucchetti e Simone Copellini

con:
SIMONE COPELLINI 
tromba, flicorno
PATRIZIO LIGABUE didgeridoo
CORO DELLA CAPPELLA MUSICALE SAN FRANCESCO DA PAOLA DI REGGIO EMILIA
- SILVIA PERUCCHETTI direttore

 

PROGRAMMA 

Anonimo (Piae Cantiones ecclesiasticae et scholasticae, [Scandinavia], 1582), In vernali tempore inno a voce sola e bordoni
Maurizio Cazzati (1616 – 1678), Laudate Dominum mottetto a 4 voci
Francisco Guerrero (1528 – 1599), Niño Dios d’amor herido villanesca spirituale a 4 voci
Johann Sebastian Bach (1685 – 1750), Vater unser im Himmelreich BWV 416 corale a 4 voci
Hildegard von Bingen (1098 – 1179), O frondens virga antifona a voce sola
Introduzione a Urbs Ierusalem beata per tromba e didgeridoo
Francisco Guerrero, Urbs Ierusalem beata inno a 4 voci e canto fratto
Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525/26 – 1594), Sicut cervus – Sitivit anima mea mottetto a 4 voci in due parti
Francisco Guerrero, Lauda Mater Ecclesia inno per S. Maria Maddalena a 4 voci

 

Si ringraziano Don Fortunato Monelli e Patrizio Ligabue per la disponibilità e la preziosa collaborazione.

INFO| Chiesa di S. Maria Assunta - via D. Catellani – Sesso (Reggio Emilia)

Scarica qui il programma di sala

 

NOTE AL PROGRAMMA

Stylus phantasticus richiama immediatamente alla memoria il rivoluzionario CD Officium, pubblicato nel 1994 dall’Hilliard Ensemble insieme al sassofonista norvegese Jan Garbarek, in cui polifonia antica e canto gregoriano si sovrappongono felicemente alla voce di uno strumento impiegato tipicamente nel jazz, nel tentativo di esplorare quella ‘zona di penombra’ sì studiata, ma ancora misteriosa fra tradizione orale (il canto medievale precedente la messa per iscritto della polifonia) e la nascita di una cultura nuova, essenzialmente basata sulla scrittura.

Il presente progetto, ideato da Silvia Perucchetti e costruito insieme al trombettista Simone Copellini, intende riflettere sui punti di contatto fra musica antica e jazz: entrambi i repertori presentano infatti l’improvvisazione come elemento fondante, e ciò che si trova fissato sulla carta non consiste, tanto per il cantore o lo strumentista antico quanto per il jazzista, nelle uniche note da suonarsi concretamente; al contrario, l’esecutore era/è libero di ornamentare, abbellire, riempire e a volte improvvisare ampiamente.

Così, le melodie antiche cantate dal coro divengono la materia prima da plasmare e con cui giocare utilizzando le modalità e le regole del jazz. Ma la contaminazione fra voce e strumenti (non a caso anch’essi basati sul respiro) non è fine a se stessa: l’aggiunta al coro della tromba, del flicorno e del didgeridoo (grazie alla partecipazione straordinaria di Patrizio Ligabue) vuole essere una sorta di reinterpretazione delle tecniche in uso fra Medioevo e Barocco per valorizzare una melodia o arricchirla, e impiegate dai compositori nel loro quotidiano processo creativo.

E così, nella delicatissima antifona in canto gregoriano di Ildegarda di Bingen, O frondens virga, il didjgeridoo recupera la tipica (e non scritta) abitudine medievale di accompagnare il canto con una nota fissa, il bordone; al medesimo stratagemma si ricorre per sostenere anche la fresca e lieve melodia di In vernali tempore, inno apparso a stampa nel 1582 ma già ampiamente diffuso nella Scandinavia medievale.

Nel corale bachiano Vater unser im Himmelreich (il corrispondente protestante del Padre nostro) i tipici segni di corona posti al termine dei versetti per chiedere al coro un maggiore respiro tra le frasi vengono ‘ampliati’ liberamente dalla tromba; nella seconda strofa, invece, lo strumento raddoppia e rafforza il vero e proprio corale, ossia la melodia dei soprani, anticamente (ma a tutt’oggi nelle comunità protestanti) cantata dalla totalità dei fedeli come inno comunitario. E nelle architetture polifoniche più complesse (quelle dello spagnolo Francisco Guerrero e del romano Giovanni Pierluigi da Palestrina, entrambi attivi a fine ‘500) le voci del flicorno e della tromba vogliono richiamare alla memoria gli abbellimenti del cornetto, strumento a fiato rinascimentale per eccellenza il cui successo fu gradualmente oscurato dall’ascesa del violino: il cornetto era impiegato abitualmente per eseguire le parti insieme ai coristi, tanto nelle grande cattedrali europee quanto – come dimostrano innumerevoli fonti d’archivio – nelle cantorie dei centri emiliani; oltre ad onorare l’ovvia funzione di sostegno (o di sostituzione) delle varie parti dell’intreccio vocale, i cornettisti svilupparono ben presto le potenzialità del proprio strumento impiegandolo poi quasi esclusivamente per ornamentare, abbellire e diminuire con passaggi in note velocissime la melodia assegnata.

La tromba si insinua ed esplora dunque, con la disinvoltura di un cornetto, l’intreccio vocale di Lauda Mater Ecclesia, splendido inno di Guerrero articolato in sei strofe ora in canto fratto ora polifoniche, rese unitarie grazie al ritorno ciclico della melodia di partenza; più libera e suggestiva è invece la presenza del flicorno nella prima parte di Sicut cervus, celebre mottetto palestriniano assurto quasi a simbolo della polifonia tardorinascimentale.

E il titolo? Anch’esso viene dal passato: musicisti e trattatisti fra ‘600 e ‘700 definivano phantasticus lo stile musicale non riconducibile facilmente ad alcuna altra categoria, solitamente dominato dalla grande, spesso virtuosa libertà improvvisativa dell’esecutore. Facendo nostre le parole del grande clavicembalista e organista Ton Koopman, «lo stylus phantasticus desidera tenere sveglio l’interesse dell’ascoltatore con effetti speciali, sorprese, dissonanze, variazioni nel ritmo e nelle imitazioni fra le voci. È uno stile improvvisativo completamente libero che induce il pubblico, pieno di stupore, a domandarsi: Com’è possibile?».

 

GLI INTERPRETI

Simone Copellini

Musicista, Trombettista, Insegnante, Editore. Suona come turnista con ensemble jazz, big band, formazioni di musica leggera, gruppi folk, orchestre classiche, ensemble di musica barocca e formazioni bandistiche. Dal 2006 è solista con Cisco (ex Modena City Ramblers) nelle sue tournée italiane ed europee. Propone musica della tradizione jazz con Jeangot Project e composizioni originali con Trummond Plus. Presente in decine di progetti tra cui Jazz in’It Orchestra, Jazz Art Orchestra, The Royal Stompers Dixieland Band, Mefisto Ensemble, Swing Bros, Foursome, Cappella Musicale San Francesco da Paola, New Yorker Residence, Lost ‘n Found, Labbanda, Singin’ Chet Baker, Jumpin’ Shoes, Archetipi. Vincitore nel 2015, con la formazione ReCombo, del premio “Roberto Zelioli” messo in palio da Albinea Jazz. Finalista, con il gruppo Foursome, al Tiberio Nicola Award di La Spezia Jazz 2011 e finalista, come solista, alla “Borsa di studio Y.M.F.E. 2009” di Yamaha Musica Italia. Ha registrato per Universal Music Italia, Auand Records, Cannonball Records, MK Records, ColorSound, LICA eventi, Ipsum Records. Lunga la discografia e numerose le collaborazioni con grandi musicisti tra cui Jerry Bergonzi, Christian Meyer, Tullio De Piscopo, Flavio Boltro, Gegé Munari, Carlo Lucarelli e Paolo Nori. È Docente all’Istituto Musicale Pareggiato “Achille Peri” di Reggio Emilia oltre che Direttore Didattico della Scuola di Musica di Santa Vittoria di Gualtieri. Insegna anche per l’Associazione Musicale Banda Cittadina “Luigi Asioli” di Correggio, all’Associazione “Musiké” di Carpi e alla Scuola di Musica “G. Moro” di Viadana. È laureato in Discipline Musicali con Lode e Menzione d’Onore, oltre che Diplomato in Tromba e Perito Informatico, titoli ottenuti con il massimo dei voti. Lavora anche nell’editoria come titolare di SopraToni Edizioni e nella produzione musicale come fonico per SopraToni Studio.
www.simonecopellini.it

 

Patrizio Ligabue

Sono nato a Correggio nel 1961 e solo all’età di 42 anni mi sono avvicinato alla musica. Non sono un musicista; a me piace definirmi “produttore di armonici”. Suono il didgeridoo australiano, la Koncovka e la Fujara slovacca, la dan-moi vietnamita, inoltre pratico il canto difonico tipico delle culture dell’Asia centrale siberiana. Tutte queste attività di ricerca sono strettamente legate alla produzione di armonici sia strumentali, sia vocali. Dopo aver impiegato diverso tempo per apprendere le tecniche principali, negli ultimi anni, il mio sforzo è stato quello di cercare di far conoscere queste particolari sonorità ad un pubblico più vasto, anche con contaminazioni tra generi musicali più omologati. Il mio personale pensiero è sintetizzato in un semplice concetto: “suonare strumenti armonici e cantare gli overtones vocali, deve essere ancora considerato in assoluto, un esercizio di puro piacere”.
www.patrizioligabue.it

 

Il didgeridoo

Il didgeridoo è uno strumento musicale “naturale”, non costruito dall’uomo ma scavato dalle termiti. E’ originario dei territori del Nord Ovest dell’Australia, luogo ricco di termitai ed è lo strumento sacro degli aborigeni australiani. Si pensa abbia circa 2.000 anni, visto che esistono dei graffiti di tale età che lo raffigurano, ma potrebbe essere anche più antico. I didgeridoo tradizionali sono in eucalipto decorati con motivi totemici aborigeni, anche se oggi si trovano strumenti di diversi materiali: dal teak alla plastica e dal metallo alla ceramica. Il nome didgeridoo è un’interpretazione onomatopeica data dai colonizzatori inglesi che, sbarcati sul nuovo continente, sentirono il suono ritmato “did-ge-ridoo” provenire da dei rami di eucalipto cavi suonati dagli aborigeni. Lo strumento è originario dell’Arnhem Land e viene chiamato in almeno cinquanta modi diversi a seconda del luogo e delle etnie: da djalupu, djubini, ganbag, gamalag, maluk, a yidaki, yirago, yiraki, yigi yigi. Le dimensione del didgeridoo possono essere le più diverse: può avere una lunghezza che varia da meno di un metro a 4 metri, e un diametro interno che va da un minimo di 3 centimetri (all’imboccatura) fino a 30 cm o più (nella parte finale), è classificato tra gli strumenti aerofoni ad ancia labiale e la sua nota fondamentale è data principalmente dalla sua lunghezza. Per suonare il didgeridoo si utilizza la tecnica della respirazione circolare (o del soffio continuo). Tale tecnica permette al suonatore di prendere aria dal naso mentre espira quella contenuta nella bocca generando un suono continuo. Il suono che produce questo strumento è profondo e ipnotico.

 

Coro della Cappella musicale San Francesco da Paola di Reggio Emilia

Fondato nel 1995 dal Can. Prof. Don Guglielmo Ferrarini e dall’Organista Titolare e Maestro di Cappella Renato Negri, in occasione del restauro e ampliamento del prestigioso organo costruito da Pierpaolo Bigi nell’omonima chiesa di Reggio Emilia, il Coro della Cappella musicale San Francesco da Paola è diretto dal 2006 dalla musicologa Silvia Perucchetti. Composto da musicisti, appassionati e musicologi, attualmente il Coro si rivolge al repertorio del pieno Rinascimento e, su idea di Silvia Perucchetti, è da 10 anni impegnato in un progetto di studio, trascrizione ed esecuzione concertistica di musiche polifoniche inedite di autori reggiani, spaziando dal canto gregoriano in uso presso le basiliche di Reggio Emilia nel Medioevo al ’600 di Maurizio Cazzati. In 21 anni di attività ha tenuto concerti in innumerevoli centri emiliani e nelle basiliche più prestigiose di Venezia (S. Giorgio Maggiore, Vespri d’Organo), Brescia (S. Giovanni e S. Agata), Paola (inaugurazione del IX Festival Organistico Internazionale Città di Paola, CS), Cremona, Sesto San Giovanni (MI), Bologna (basilica di S. Martino e Rocchetta Mattei), Parma, Forlì (basilica di S. Mercuriale), Casalmaggiore, Fidenza e nel Duomo di Modena, collaborando fra gli altri con Monica Piccinini, Bruce Dickey, René Clemencic, il Coro del Friuli Venezia Giulia, Palma Choralis Gruppo di Ricerca & Ensemble di Musica Antica, il musicologo Cesarino Ruini e – nel 2016 – con il celebre organista Sergio Vartolo. Insieme al trombettista Simone Copellini sta preparando un programma che ‘contamina’ polifonia e improvvisazione.
http://cappellamusicale.wordpress.com 

 

Silvia Perucchetti

Nata nel 1983, Silvia Perucchetti inizia a studiare pianoforte giovanissima a Parma con Alessandro Nidi, per poi continuare con Lorenzo Fornaciari; ha inoltre studiato canto barocco sotto la guida di Monica Piccinini e frequentato i corsi di direzione corale e polifonia rinascimentale tenuti da Claudio Chiavazza a Pamparato (CN). Nel 2009 si è laureata cum laude in Musicologia presso l’Università di Pavia-Cremona con una tesi di specializzazione dedicata ai repertori sacri a tre voci fra ‘500 e ‘600. Ha insegnato Teoria musicale presso l’IDMS di Modena e pianoforte e solfeggio presso la Scuola di Musica di Sant’Ilario dal 2005 al 2011. Attualmente è bibliotecaria presso la Biblioteca Musicale Gentilucci dell’Istituto Musicale A. Peri; ha catalogato fondi antichi e musicali nelle città di Bologna, Vignola e Borgotaro, nella Biblioteca Panizzi, alla Biblioteca Sereni dell’Istituto Cervi e nell’Archivio del Teatro Valli. Prepara abitualmente programmi di sala per rassegne concertistiche (Grandezze & Meraviglie di Modena, Settimane di musica barocca di Brescia, Giovanni Paisiello Festival di Taranto, Ensemble Il Teatro delle Note di Parma, Barocco Festival Leonardo Leo di Brindisi, Soli Deo Gloria e Festival dei Pianisti Italiani), e ha al suo attivo pubblicazioni di saggi musicologici, fra cui la voce enciclopedica Italia. La musica sacra. Il Seicento all’interno dell’Enciclopedia Ortodossa (Mosca 2012) e le note musicologiche per CD di musica antica (etichette Verso di Madrid, MV Cremona, Soli Deo Gloria). Spesso relatrice in conferenze-concerto di sua ideazione, nel 2017 è stata invitata a tenere un corso su fonti musicali e prassi esecutiva fra ‘500 e ‘600 presso il Dipartimento di Musica Antica di Brescia. Dal 2001 al 2005 ha cantato stabilmente nel Coro Polifonico di Reggio diretto da S. Giaroli; dal 2006 dirige il Coro della Cappella Musicale S. Francesco da Paola e il Coro Mavarta di Sant’Ilario. Fra le collaborazioni si segnala la direzione delle Quattro Stagioni di Vivaldi con la violinista Silvia Mazzon (Expo 2015). Affianca all’attività musicale la passione per la fotografia.
http://silviaperucchetti.com